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2013/12/07

IL BELLO DEL COCORICO’, QUELLO CHE LA STAMPA NON VEDE



Di Dimitri Buffa – Il “Cocoricò” è una discoteca che da sola, con il proprio indotto occupazionale, regge buona parte dell’economia invernale di Riccione e Rimini. Infatti dà lavoro ad almeno duecento persone, cento delle quali nel reparto “security”. Cioè quelle impegnate a prevenire, ancora prima che a reprimere, quelle marginali attività delinquenziali, come le risse o lo spaccio e il consumo di droga, che possono, non devono necessariamente, si badi bene, svolgersi all’interno dei locali di divertimento.

Basta però che succeda un inconveniente, come quello del ragazzo che qualche giorno fa ha accusato un malore al di fuori del locale in questione, per riempire le cronache scandalistiche locali dei giornali con titoli di questo tipo, “Mix di alcool e droga, paura per un 21 enne”, con tanto di richiami in prima dove si legge la circostanza non vera che il ragazzo in questione sarebbe “crollato” all’interno della discoteca “Cocoricò”.



Ecco quindi come in poche righe si possono fare non pochi errori: il ragazzo non era in pericolo di vita, era semplicemente svenuto nel parcheggio antistante i locali, e due ore dopo avere avuto le cure di primo soccorso è stato dimesso su base volontaria. Pare avesse preso l’extasy e ovviamente sapeva bene quello cui poteva andare incontro.

Sorgono adesso due interrogativi: perché paternalizzare sul giovane, come se fosse un minus habens, e perché criminalizzare, soprattutto, la discoteca.

Insomma perché montare una banale notiziola da turno di notte in questura per fare improbabili titoli allarmistici in prima pagina?

Vengono in mente due riflessioni: sulla costiera adriatica d’inverno non succede mai niente e quindi si finisce in prima sui giornali locali anche per un tamponamento con qualcuno che finisce in ospedale per poche ore; autorità e media di provincia fanno di tutto per essere alla ribalta. Magari senza pensare che queste discoteche come il “Cocoricò”, oggi all’avanguardia in Europa, e dove sono certamente tollerate molte meno trasgressioni (anzi “zero”) che in analoghe strutture in posti come Ibiza ma anche nelle metropoli di mezza Italia, non sono affatto entusiaste di essere associate al solito clichè di “sex, drugs and rock ‘n’ roll”.



Chissà allora che qualche esponente politico o delle istituzioni prima o poi non si ponga il problema delle decine di posti di lavoro che possono essere messi a rischio da titoli a effetto e d articoli vari il cui contenuto però non corrisponde al vero. Se un ragazzo si sente male nel parcheggio della discoteca la droga, in ipotesi, potrebbe benissimo averla consumata in precedenza a casa propria. Ed essersi recato già “fatto” a ballare. Ma allora perché fare credere che è crollato sulla pista da ballo? Alla fine, a ben pensarci, questa maniera di “comunicare” diventa una forma di concorrenza sleale tra interessi che potrebbero benissimo coesistere: quello della pubblica opinione a conoscere la verità e non la “verosomiglianza”, quello di un’impresa come la discoteca “Cocoricò” che non può vedere ogni week end che Dio manda in terra mettere a rischio la propria reputazione perché una delle migliaia di avventori fa uso di sostanze legali o illegali o tutte e due insieme e poi si sente male e infine quello di una testata giornalistica che ha diritto a vendere tantissime copie ma non sulla pelle degli altri.

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